MY PROBLEMS OUR SOCIETY – Mrfijodor Solo Show @ Milano
Opening 20 May 18:00 – 20 May to 6 June
Studio D’Ars, via Sant’Agnese 12/8, 20123 Milano
“I problemi della società o i problemi di Mrfijodor o i problemi della società di Mrfijodor o i problemi di Mrfijodor alla società?” Daniele Decia
Lo Studio D’Ars è lieto di presentare “My Problem Our Society”, un viaggio all’interno dell’immaginario colorato e fantasioso di Mrfijodor, pseudonimo di Fijodor Benzo. La mostra è curata da Daniele Decia, mentre il testo critico è di Christian Omodeo: ricercatore dell’arte contemporanea e direttore artistico de Le Grand Jeu, noto per aver curato “Le Tourt Paris 13” a Parigi.
“L’artista elabora un nuovo approccio al reale, fondato su una contemplazione del mondo capace di svelargli dettagli finora passati inosservati. Sotto lo sguardo attento del pittore, gli oggetti più banali diventano la fonte di scoperte inattese” Christian Omodeo
Curated by Daniele Decia
Text by Christian Omodeo – Le Grand Jeu ttp://legrandj.eu
Video by Gianluca Orrù – Tekla Prod. www.tekla.tv
Twins – Writing e natura morta: due gemelli separati alla nascita
Cosa ha spinto un writer come Mr. Fijodor tra le braccia di un genere artistico complesso come la natura morta? Quali motivazioni possono averlo convinto a confrontarsi con dei codici figurativi che si sono stratificati nel corso dei secoli e il cui senso sfugge, spesso, a chi non ha un rapporto lungo e consolidato con l’arte dei secoli passati?
Esiste una spiegazione puramente pittorica a queste domande, che rinvia al piacere provato da molti artisti nell’accentuare la natura materica dei propri dipinti. È il vano tentativo di annullare la distinzione tra l’oggetto reale e la sua rappresentazione. Ci hanno provato in tanti, da Giorgio Morandi a Daniel Spoerri, in epoche più o meno recenti. Tuttavia la serie di opere realizzate da Mr. Fijodor per il suo primo solo show, a cura di Daniele Decia presso lo Studio d’Ars di Milano, nasconde anche altre motivazioni. Il focalizzarsi sulla rappresentazione degli oggetti prova, infatti, il bisogno di riflettere sul rapporto ossessivo e consumista che intratteniamo con essi. Le sue nature morte, disposte una affianco all’altra, diventano una sorta di catalogo delle tensioni e delle manie della società contemporanea.
Storicamente, la prima rappresentazione moderna di una natura morta è considerata la Natura morta con pernice, guanti di ferro e dardo di balestra firmata e datata 1504 da Jacopo de’ Barbari (Monaco di Baviera, Alte Pinakothek). La realizzazione di questo dipinto sancisce la fine di una lunga damnatio memoriae pittorica. Le nature morte, presenti nelle decorazioni murali delle case pompeiane, scompaiono dal panorama figurativo occidentale in contemporanea con la caduta dell’Impero romano, per riapparire sotto mentite spoglie nelle iconografie cristiane medievali. La natura morta si traveste nei “secoli bui”: è la mela che Eva porge a Adamo, è la miriade di oggetti affastellati sugli scaffali dello studiolo di San Girolamo.
La ritrovata indipendenza della natura morta come genere pittorico, ad inizio ‘500, è la conseguenza diretta della nuova attitudine empirica con cui l’uomo si confronta con la Natura. L’artista, come lo scienziato – Copernico, Galileo, Leibnitz o Newton –, elabora un nuovo approccio al reale fondato su una contemplazione del mondo capace di svelargli dettagli finora passati inosservati. Sotto lo sguardo attento del pittore, gli oggetti più banali diventano la fonte di scoperte inattese. Il passo è breve: la natura morta diventa in pochi decenni un’attività semplice e salvifica, una sorta di disciplina spirituale capace di sanare l’anima del pittore, dandogli accesso a una visione reale del mondo circostante.
Il legame tra natura morta e Writing appare evidente. Chiunque conosce l’universo dei graffiti sa, infatti, quanto la pratica del writing si fondi su quello stesso rapporto empirico con il mondo circostante, che è anche alla base del genere pittorico della natura morta. Anche il writer osserva la realtà, ma la sua attenzione si focalizza principalmente sugli edifici e sui muri che compongono le nostre città alla ricerca degli “spot” lasciati in disuso o non ancora identificati dalla società. Il suo approccio empirico al reale ne detta i metodi esplorativi: conoscenza diretta dei luoghi, verifica de visu dei rischi e del potenziale interesse del muro individuato.
Quest’attitudine visiva garantisce al writer un’osservazione critica oggettiva del mondo reale che bene si applica, come nel caso di Mr. Fijodor, anche alla realizzazione di nature morte. In effetti, i lavori presentati nella mostra My problems, our society affrontano con criticità il rapporto di dipendenza che la nostra società ha con essi. Pillole, sigarette, siringhe, bottiglie di birra, telefoni e caffettiere compongono un alfabeto delle dipendenze più diffuse in questi ultimi anni.
L’avvento del capitalismo avanzato ci ha portato ad avere un rapporto più succube con gli oggetti di uso quotidiano rispetto alla società del Cinquecento. Allora, l’uomo era ancora dominus, padrone di se stesso, e l’osservazione di un quadro rappresentante una natura morta materializzava davanti ai suoi occhi la sensazione di potere che aveva sulle cose. “La realtà di quello che vediamo è quello che possiamo manipolare” dirà, qualche secolo più tardi, il filosofo americano George Herbert Mead (1863-1931), mentre il rapporto di forza tra uomo e oggetto iniziava a invertirsi.
Il dilagare del consumismo durante tutto il XX secolo si iscrive in questo processo che perdura ancora oggi e modifica il modo in cui ci relazioniamo con gli oggetti. Tra le opere in mostra, la Natura quasi morta: Joypad horse è forse quella che offre una sintesi migliore della deriva attuale della nostra società. Soffermandosi su un oggetto come il joypad che ha creato, quasi dal nulla, una nuova dipendenza – quella da videogiochi –, Mr. Fijodor mette infatti in risalto un nuovo paradigma. La società del XXI secolo non si accontenta più di avere un rapporto malsano con gli oggetti che ci circondano. Da consumatori e da dipendenti, siamo diventati dei consumatori di dipendenze.
Christian Omodeo